Tony Lucarda


Tony (Antonio) Lucarda (Vicenza 1904 – Venezia 1992) dopo gli studi classici, segue la propria vocazione artistica e si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1928 sotto la guida di Eugenio Bellotto.
Come ha sottolineato Giorgio Nonvellier, “Bellotto ha insistito molto nel suo insegnamento sulla conoscenza diretta della scultura greca classica ed ellenistica, agevolato in questo dalla notevole gipsoteca dell’Accademia di Venezia, attraverso copie e interpretazioni, nonché di quella  rinascimentale italiana da Donatello a Michelangelo, prestando anche attenzione all’opera di Antonio Canova, alla scultura purista, a certe suggestioni che vengono dal primo Canonica, e con ogni probabilità anche da Adolfo Wildt, titolare di scultura all’Accademia di Brera”.
A seguito di questo insegnamento si può ben comprendere come per Lucarda Donatello rappresentasse il “maestro ideale”, e “il David in bronzo (antico e modernissimo) una delle sue aspirazioni” (secondo il preciso ricordo di Milena Milani).
Lucarda esordisce alle mostre della Bevilacqua La Masa nel 1924, dove tornerà ad esporre molte volte nel periodo tra le due guerre distinguendosi come uno degli scultori più promettenti operanti a Venezia, tra cui si ricordano anche Remigio Barbaro, Sylva Bernt, Giuseppe Busetto, Antonio Carestiato, Guido Manarin, Napoleone Martinuzzi, Ennio Pettenello, Feruccio Quaia, Giuseppe Romanelli, Francesco Scarpabolla, Jacopo Urbani De Gheltof, Romano Vio.
Nel 1928 inizia a partecipare alle Biennali di Venezia e fino al 1950, tranne che nel 1930, continuerà ad essere presente alla importante manifestazione internazionale (nel 1932 esegue il rilievo con il Leone marciano per la nuova facciata del padiglione Italia e nel 1938 vince il concorso per il ritratto in scultura). Nel 1929 viene invitato ad esporre alla seconda mostra del ‘Novecento’ organizzata a Milano, mentre nel 1939 e nel 1943 sarà alle Quadriennali di Roma.
Alle mostre della Bevilacqua La Masa, alle Quadriennali e alle Biennali Lucarda presenta prevalentemente opere di piccole dimensioni e soprattutto ritratti dimostrando la volontà di indirizzare la sua ricerca verso una scultura più intima e domestica, valida alternativa alla ritrattistica eroica, al ‘grandioso’ e al monumentale (caratteri solitamente richiesti nei concorsi pubblici). Vista la sua collocazione ‘domestica’ il ritratto poteva contare su di una committenza privata, e rivelarsi una sicura fonte di guadagno per lo scultore.
Lucarda si specializza nella ritrattistica e ottiene numerose commissioni dalla élite aristocratica internazionale, da personalità dello spettacolo e della cultura (ricordiamo il ritratto di Ernest Hemingway).
I suoi ritratti sono particolarmente apprezzati per la capacità dell’artista di mantenere la fedeltà dei tratti fisionomici coniugandoli ad una ricerca più intima e psicologica.
A tale proposito risulta interessante un appunto scritto dall’artista il 25 agosto 1979:
“In studio, guardando tutti i ritratti che ho fatto penso a l’avventura umana e artistica che è un ritratto. Rivedo le ore e i giorni di fatiche, preoccupazioni e infine la gioia per la riuscita dell’opera (quando è riuscita). Rivedo il posto, l’ambiente, il tempo, la natura del modello, il suo carattere, le qualità, i complessi, le sue reazioni, la sua parte segreta, e tutto ciò che si manifesta nella figura fisica dalla quale io devo ritrarre il ritratto che deve essere opera d’arte e ritratto.”
Risulta evidente che la posa del modello si traduceva quasi in una seduta “psico-analitica” che spesso avveniva tra le mura del suo studio a San Vio, nella calle del Sabbion.
Uno studio che, come lo descrive Indro Montanelli, “col suo altissimo soffitto, con la sua enorme vetrata rabescata di ragnatele e aperta su un giardino di seconda mano arruffato d’erbacce e biancheggiante di cocci come un ossario, evoca la bottega dei Maestri del Cinquecento”.
Dopo la guerra Lucarda, su suggerimento della sua fidanzata Marjorie (poi divenuta sua moglie), sperimenta il piccolo ritratto cesellato in bronzo dorato o in argento. Questi piccoli preziosi ritratti, che si presentano di circa 2/3 della grandezza naturale, riscuotono un grande successo e le commissioni si moltiplicano.
I soggetti preferiti dallo scultore sono i volti di affascinanti e aristocratiche donne, ma come ha sottolineato  Elio Zorzi “accanto ai ritratti di belle donne, esangui e raffinate o vibranti di nervi o esuberanti di linfa vitale, Toni Lucarda coltiva la candida aiuola dei delicati fiori dell’infanzia: i suoi bronzetti, non più alti di una spanna, nei quali egli coglie nell’attimo fuggente, il divino sorriso dell’innocenza; piccoli bronzi, modellati con squisita, quasi miniata finezza, dorati spesso come statuette del tempo di Luigi XVI e, come quelle, eleganti e piene di grazia”.
Molto richiesto, Lucarda viaggia in Europa recandosi a Ginevra, a Parigi (dove soggiorna spesso),  poi in Inghilterra, in Spagna e in Portogallo.
La sua scultura, sempre fedele ad una semplice “classicità”, si caratterizza per un tocco lieve e preciso, capace di dare “alla materia plastica il delicato sfumato del colore” (Federico Castellani).
L’artista non allestisce numerose mostre personali, perchè, come ricorda la moglie, “una galleria non conta molto per un ritrattista. Un caminetto o un tavolo con uno dei suoi ritratti valgono, come réclame molto più di un’esposizione.”
Comunque lo scultore tiene una significativa personale alla Bevilacqua La Masa nel 1951, e nel 1966 l’Association France-Italie organizza a Parigi una importante mostra antologica, dove vengono esposti piccoli busti e disegni di Venezia.
Accanto alla sua attività plastica, Lucarda si è dedicato con passione al disegno, in particolare al disegno acquerellato, dimostrando una grande capacità tecnica caratterizzata da una grafia nervosa e da una raffinata eleganza del segno.
Lo stesso artista dava grande importanza al disegno che considerava “il padre e la madre di ogni arte”, e aveva preso l’abitudine di disegnare continuamente su dei piccoli album che teneva in tasca.
Accanto agli studi “plastici” delle modelle dei primi anni trenta, si distinguono le ariose e estese vedute dedicate alle due città più amate: Venezia e Parigi.
In alcuni disegni dedicati a Venezia Lucarda non nasconde la sua ammirazione per Francesco Guardi, cogliendo con uguale sensibilità la vibrante atmosfera veneziana.
Tra i disegni si annoverano anche alcune caricature degli amici come Cadorin, Santomaso, Valenzin, Morucchio, Sacchi, Carena, Malipiero, Damerini, de Pisis che testimoniano l’ambiente artistico di una Venezia ormai scomparsa.
Sue opere sono raccolte a Ca’ Pesaro e un suo “San Marco Protettore di Venezia” (1965) è al centro dell’acquasantiera dell’altare della Madonna Nicopeja nella Basilica di San Marco a Venezia.



Giovanni Bianchi





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