Ottobre 2016
Fili, aghi, bottoni, rocchetti, nell'intricato percorso di Giovanni Cesca si diramano i ricordi dell'infanzia che osserva i primi segni dell'arte nell'ordinato movimento del 'gesso da sartor'.
In mezzo al tracciato di questi segni si svela la presenza-assenza di un mondo arcaico e dell'universo scomparso dei mestieri e delle cose che ne dichiarano l'appartenenza.
Dentro al fluire di questi ricordi prende forma la fascinazione del gesto pittorico nel quale l'artista rintraccia la 'vita silente' degli oggetti ritrovati. Nella messa in scena di queste sue composizioni Giovanni ricompone l'equilibrio del tempo e lo fissa sulla carta – indelebile – perché lo spazio della sua indagine si snoda attraverso i circuiti paralleli delle impercettibili distanze della memoria.
Il rigore della misura si esprime, in queste sue composizioni, anche nell'equilibrio costante che sposta il segno tra la matita e il colore: un equilibrio nel quale le immagini sembrano appoggiate in una vita sospesa oltre il tempo, per un gioco sottile e gradevole di romantico spaesamento.
L'opera di un artista sta tutta nella sua attività estetica, ogni singolo dipinto è la sequenza di un racconto che svolge la sua narrazione nell'intricato sviluppo della vita stessa, è un diario dell'esistenza che svela le ansie, le indagini acute dell'uomo e supera i preconcetti del linguaggio, che può essere astratto o figurativo, ma scava sempre nell'inconscio fino a trovare una sua poetica consolazione.
Artista per temperamento, Cesca è consapevole che è necessario perseguire la padronanza del 'mestiere' e nella sua pittura la stesura è sempre nitida, limpida, lucida. Le variabili incostanti del suo fraseggio si scompongono e ricompongono nell'iconografia dei differenti infiniti possibili, gioca col racconto e nello stesso tempo gira intorno al soggetto: ora è lirico, ora ironico, ora malinconico, sempre leggerissimo.
Scoperta la propria essenza, l'artista è ormai libero di vagabondare intorno ai diversi linguaggi col disincanto di un'eterna metamorfosi dove ogni moto dell'animo apre alla scoperta di orizzonti nuovi e sofisticate esperienze di vita. Niente diventa definitivo nella sua continua ricerca di assoluto, ogni fine è un differente principio, ogni tesi diventa l'antitesi di un ulteriore processo creativo.
Mi piace considerare Giovanni Cesca come un'umanista in quanto egli riesce a ricreare, anche nel suo lavoro in solitudine, l'atmosfera di una 'bottega rinascimentale' che trasmette il sapere e lo stupore per le cose realizzate con la febbrile fatica manuale.
Che si cimenti davanti alla descrizione di un paesaggio o scavi all'interno delle cose egli riesce sempre a far affiorare quella suavitas, quella sovrabbondante dolcezza che è l'ultimo segreto della pittura.
Stefano Cecchetto