Settembre 2013
Il destino dei segni
Considerato come il mezzo più diretto e spontaneo per manifestare concretamente le proprie idee “artistiche”, l’esercizio grafico si rivela di grande rilievo per Mario Deluigi.
Non mancano infatti, tra i suoi scritti, riflessioni sul valore e l’importanza del disegno, che mutano nel tempo a seconda della ricerca che in quel momento lo coinvolgeva totalmente.
Negli anni Quaranta il disegno è considerato prevalentemente in funzione della realizzazione pittorica delle forme plastiche che caratterizzano il periodo fisiologico, ed è per questo che viene considerato come “il primo attacco formale concreto dell’idea plastica. Ha valore in sé, quello stesso valore che può avere un bacio in confronto dell’amplesso d’amore”.
L’espressione grafica si rivela dunque come il primo momento di ricerca (il bacio) che deve poi portare alla realizzazione del dipinto (l’amplesso d’amore). In questi anni il disegno è prevalentemente monocromo, utilizzato per definire forme sinuose e organiche: “Quando io disegno esprimo un’idea soltanto con segni e contorni espressivi assumendo con questi le mie necessità plastiche”.
Nei primi anni Cinquanta, quando l’artista, orientandosi verso un linguaggio astratto, inizia a sperimentare la tecnica del “grattage”, il disegno acquista un nuovo significato.
Il problema plastico è stato ormai affrontato e risolto, e l’interesse per la luce e per il segno si impone nella ricerca dell’artista.
“ Per gli antichi, disegnare: preparare con segni e linee i contorni di figure o cose da dipingere.
Per i moderni, disegnare: affidare al segno una sua vita autonoma, un suo significato intrinseco”.
Questa riflessione sul disegno risulta chiara per comprendere come questo venga ora assimilato del tutto al segno che acquista un valore particolare identificandosi totalmente con la forma-colore.
Il segno non deve essere più utilizzato per tracciare contorni, per definire forme, in sostanza per “significare”, perchè esso stesso ha già un significato.
I segni accumulandosi, distribuendosi sulla superficie del foglio si fanno struttura portante del disegno. Ogni segno ha un suo destino, una sua storia, ha un suo preciso valore formale e cromatico.
I segni colorati tracciati, siano essi linee o punti, divengono momento di studio e di sperimentazione di rapporti cromatici, di vibrazioni luminose, di relazioni spaziali, di correlazione tra i vuoti e i pieni, di contrasti tra il chiaro e lo scuro.
Le trame si infittiscono, si diradano, si intrecciano, divengono una vera e propria scrittura autonoma che va ben oltre il mero esercizio di stile.
Come nella nuova ricerca pittorica dell’artista, dove il segno-luce è ricavato nella materia, anche nel disegno il segno tracciato e il gesto che lo ha creato acquistano particolare importanza.
“Tra un segno a caso e quello voluto, desiderato, sognato...quanto più bello il primo! quanto più vivo il secondo”.
Per Deluigi disegnare (e dipingere) è un atto inscindibile dal tempo e dallo spazio della vita che si manifesta attraverso la forza e la rapidità, il rigore o la duttilità del tratto.
“L’arte è un composto di segni magici (forme e colori), inventati dall’urgenza della nostra immaginazione viva”.
A sottolineare il valore che l’artista attribuiva al disegno si ricorda che tra le lezioni tenute all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia una veniva dedicata interamente al disegno. Infatti per Deluigi l'aspetto pratico, in particolare il disegnare alcune tavole, era considerato un momento integrante del suo corso e del suo insegnamento.
Era questo un momento essenziale per comprendere e assimilare in pieno quel concetto di visualizzazione, su cui l'artista insisteva e che vedeva proprio nell'elaborazione grafica la sua più significativa esemplificazione.
Con il disegno si potevano mettere in pratica gli insegnamenti teorici come il valore e l'importanza della linea nella definizione spaziale, il contrasto tra pieni e vuoti, il peso del colore, ecc., necessari alla visualizzazione del linguaggio plastico.
Deluigi insisteva sul valore del segno in relazione alla sua destinazione e mirava a far comprendere agli allievi l'importanza del disegno per appuntare ed esprimere, “significare”, le proprie idee.
Per sottolineare l'importanza del disegno, del segno, Deluigi, a lezione, ricostruiva graficamente L'infinito di Giacomo Leopardi, come testimonia l’architetto Ettore Vio: “Ricordo come allora che ogni parola della poesia era seguita da un segno sulla lavagna: 'Sempre caro mi fu quest'ermo colle (disegno) e questa siepe (disegno) che tanta parte dell'ultimo orizzonte (disegno) il guardo esclude. Ma sedendo e mirando ... che il naufragar m'è dolce in questo mare.' ...”
Veniva dunque evidenziata la stretta relazione tra la parola poetica e il segno che a questa può corrispondere, come risulta evidente anche quando l’artista traduce in segni-colori-forme, di cui vengono qui presentati significativi esempi, l’emozione prodotta dai versi “Portéme via...” di Giacomo Noventa.
Giovanni Bianchi