Ottobre 2012
L’arte è un gioco e i giochi hanno le loro regole
Elena Guaccero ha studiato architettura a Roma, dove è stata allieva di Marcello Piacentini, Saverio Muratori e Ludovico Quaroni, con il quale strinse un rapporto di cordiale stima.
Diplomatasi nel 1954 si dedicò con passione alla professione di architetto e tra i suoi progetti più importanti si ricorda la sede della Rai di Bari (inaugurata nel 1959). L’edificio di impianto razionalista, caratterizzato da numerose e grandi vetrate, fu indicato come il "palazzo delle cento finestre", rispondendo in pieno, sia dal punto di vista funzionale che dal punto di vista estetico, alle esigenze della sua particolare destinazione.
A tale proposito risulta importante l’affermazione della Guaccero in relazione al suo pensiero architettonico: “Criterio fondamentale è la perfetta aderenza dell’edificio alla sua funzione”.
Sposatasi nel 1960, si trasferisce in Germania e in Austria, dove se da un lato abbandona la sua attività di progettazione architettonica, dall’altro intensifica la sua passione per l’espressione pittorica frequentando, a Vienna, la Scuola del nudo.
Giunta a Venezia nel 1970 lascia gradualmente la pittura e decide, negli anni Ottanta, di iniziare una personale ricerca artistica caratterizzata dal recupero di una felice dimensione ludica e infantile, che si manifesta nella creazione di opere tridimensionali e nella composizione di elaborati collages.
“Venezia mi ha dato l’allegria”, ella stessa confessa a Paolo Rizzi che a sua volta individua nelle sue opere “un giuoco infantile e, nel contempo, raffinatissimo”. (Paolo Rizzi, I divertissement dell’architetto, in “Ciga Hotels Magazine”, n. 114, settembre 1994, p.3. )
La Guaccero si propone dunque di “architettare il gioco”, coniugando la razionalità progettuale, propria della sua formazione di architetto, alla libera inventiva del mondo infantile. Alla fantasia, che dà modo di ideare infinite forme e immagini, associa la creatività che le permette di realizzare “materialmente” ciò che finora aveva solo immaginato. Il materiale scelto è il legno, con il quale è in grado di dare vita a fantastiche creature antropomorfe (impettiti guerrieri, dispettosi diavoletti, tenere madri che coccolano il loro bambino), a un bestiario inedito (uccelli dinoccolati dai grandi becchi, insetti e altri animali stravaganti) e a oggetti misteriosi caratterizzati da “ingranaggi quadrati, rotondi e forati, incastri di cerchi, frecce, viti e rotelline ...”. (Véronique Mounition, Elena Guaccero, studio Scibilia, Venezia [2006], p.3.)
Le sue opere sono interamente realizzate a mano: ogni pezzo di legno è stato disegnato, ritagliato, lavorato, levigato con grande attenzione, dipinto e poi assemblato con altri per dare forma alla fantasia.
Emerge con evidenza l’aspetto artigianale del lavoro di Elena Guaccero che, con infinita pazienza e precisione, progetta e realizza i suoi “pupazzi” e i suoi oggetti che hanno la funzione di stimolare l’immaginazione; per riportarci, anche solo per un attimo, in una dimensione di gioco che pensavamo irrimediabilmente perduta ma che forse si era solo rintanata nel profondo del nostro essere.
Il carattere manuale si ritrova anche nel fatto che le sue opere possono-devono essere toccate, perchè, se manipolate, possono assumere diverse forme e posizioni. Il movimento favorisce il carattere “narrativo” di questi lavori che offrono la possibilità di inventare infinite storie, di creare sempre nuove situazioni e forme.
Non viene certo nascosta la grande ammirazione della Guaccero per Fortunato Depero e per Bruno Munari, e per la loro grande capacità di sperimentare diversi campi d’espressione artistica, con un senso di levità ed umorismo.
Le opere di Elena Guaccero nel loro richiamarsi alla dimensione del gioco, che ha sempre le sue regole, hanno anche una finalità educativa e istruttiva; un’educazione alla visione, al tatto, all’analisi e allo studio delle forme.
Una delle opere in mostra affronta quello che è stato un problema classico della geometria greca: la quadratura del cerchio.
Si tratta di costruire un quadrato che abbia la stessa area di un dato cerchio, con uso esclusivo di riga e compasso. Il problema si inserisce nella più ampia disputa (filosofico-matematica) tra chi riteneva il quadrato la forma perfetta e chi invece vedeva nel cerchio tale prerogativa. Il problema risale alle origini della geometria, e ha tenuto occupati i matematici per secoli. Fu solo nel 1882 che l'impossibilità venne provata rigorosamente.
Ecco che la Guaccero, in maniera giocosa, ci offre una “possibile” soluzione al serioso problema. Così sotto i nostri occhi stupiti, quasi per magia, un cerchio diventa un quadrato, e viceversa. Questo avviene grazie ad una particolare metamorfosi delle forme resa possibile dallo slittamento di piani uno sull’altro e ciò può avvenire, naturalmente, se usiamo le mani (e la testa) lasciandoci trasportare da un istinto ludico.
Accanto alle multicolori opere tridimensionali vengono presentati alcuni particolari collages, realizzati con carte adesive, alcuni dei quali ricordano, nel loro impianto compositivo, l’arte grafica e pubblicitaria italiana degli anni Venti e Trenta. In particolare quella promossa dallo Studio Boggeri di Milano o dalla rivista “Campo Grafico”.
Altri hanno più un carattere illustrativo e sono popolati da personaggi tutti ritagliati con minuziosa precisione. Ogni collages racconta una storia che ogni volta può essere reinventata, dato che ad ogni sguardo si scoprono nuovi particolari, prima passati inosservati.
Dagli anni Ottanta in poi il lavoro di Elena Guaccero non conosce soste, le sue mani non sono mai state ferme, ha creato sculture modulari, piramidali, e assemblaggi di forme elementari, che negli ultimi anni realizza con materiali di riciclo lasciandoli intenzionalmente non finiti.
Per la Guaccero l’arte era un gioco che sembrava non avere mai fine.
Giovanni Bianchi