bruno pedrosa




5 Marzo - 5 Aprile 2010
Il Fango dell’Estate


Ho pensato che sia molto difficile scrivere della pittura di Bruno Pedrosa senza conoscere, aver vissuto e scrupulosamente transitato il Nord-est del Brasile. Anche perché si sa, si è sempre saputo, che il nordestismo (non so se esista davvero questo aggettivo, ma ha un suo senso) è una condizione della pelle, del cuore, dell’anima, è un contatto diretto con la vita, con la forza del destino. L’ha detto anche Jorge Amado, introducendo alcuni dipinti: “C’è attorno a lui un’atmosfera che fa pensare al ‘sertão’, nordest brasiliano, come se Bruno Pedrosa, col suo modo di essere tanto proprio e tanto suo, fosse una specie di governatore delle bellezze e delle pianure calde degli Inhamuns”.

[...] Come una grande scatola de natura dentro la quale accadono prodigi, si susseguono albe e tramonti, muta la luce della terra e del cielo, luccicano le stelle della sera. Tutto stretto dentro il suono della magia, del mare lontano invisibile, il paesaggio di Bruno Pedrosa ha una lacustre, stagnante crosta indurita dal trascorrere del tempo; quasi su un umido tappeto di alghe e ninfee si fosse posata, schioccante, l’estate dell’emisfero meridionale, e tutta quella pianura avesse ora il colora dell’incenso non più evaporato ma strascicato come un lamento, duro come la voce della coscienza. Perché sempre questa visione della natura appare come una parola flebile dell’interiorità, la proiezione di un silenzio immenso, indistinguibile e fluttuante, che dilaga come un’acqua non più governabile.

[...] Ma quel che resta indelebile e non cancellabile, è la forza dell’antico idioma agile come un’onda, improvviso come una ventata di luna, abbagliante come il sole a picco, fragile come la notte che viene.

Ha sempre avuto, questa pittura, il suono stesso della terra, avendone accettate le modificazioni, il crescere, il suo consistere e deperire come qualcosa che la stagione ancora lontana farà nuova.

Un impeto ventoso, quasi mai trasparente, e invece sempre denso di materia e di colore. Materia che diventa le cose, ne è soggetto assoluto oltre che sostanza, l’impasto umorale e respirante, il calore del sole e la meraviglia degli occhi davanti allo spettacolo del visibile.

Guardare è per Bruno Pedrosa un moto verso la profondità dell’anima; è quel luogo inarrivabile, misterioso, segreto, il luogo della pittura.

Egli ha scelto di dire non il contorno delle cose, ma la loro consistenza corporea, prima che questa particella infinita sia immersa nel giro vorticoso dell’essere. Così il sogno, la malinconia, il dolore, lo strazio di una felicità sono l’incanto e l’emozione perenne del dipingere.


Marco Goldin


www.brunopedrosa.com

 

 

 


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