Nato nel 1918 a Firenze, Guerrino Salvi visse i suoi anni giovanili a Venezia. Trasferitosi dopo la seconda guerra a Mestre con la famiglia, vi risiedette e lavorò fino alla morte nel 1997.
L’esperienza drammatica della guerra lo segnò interiormente per tutta la vita. Fatto prigioniero dai Tedeschi mentre si trovava militare vicino a Trieste nel Settembre 1943, fu deportato a Sagan, nella attuale Polonia.
Forse fu proprio la violenza del ricordo della guerra che lo portò ad apprezzare, all’inizio del suo percorso artistico, la pittura metafisica , in una ricerca di equilibri di architetture, di silenzi, di nuovi paesaggi, pur caratterizzati da accordi cromatici densi e da un’atmosfera percorsa da un’ombra di inquietudine.
Era affascinato dalla pittura dei surrealisti, in particolare Max Ernst, ma anche dalla poesia di Paul Klee, e dalla ricerca sperimentale nel trattamento dei materiali.
Aveva appreso la conoscenza della tecnica del disegno geometrico ed architettonico, il disegno a matita, il disegno a china, le regole prospettiche nel comporre un disegno architettonico. E nei suoi lavori si riscontra una attenzione compositiva, un progetto meditato, non un gesto immediato, e al contempo traspare il fascino della materia, la forza espressiva delle superfici metalliche, le esperienze tattili con la sabbia, le polveri di elementi che mescolandosi danno luogo ad esiti cromatici diversi.
Negli anni sessanta iniziò ad assemblare materiali diversi su pannelli in masonite, successivamente su tela, con scrupolosa attenzione al trattamento cromatico, desideroso di ripercorrere con spirito nuovo le antiche tecniche tradizionali.
La sua era una tensione di ricerca, corroborata dallo studio delle esperienze artistiche che lo avevano preceduto, ma anche frutto di una attenta selezione di segni, di accostamenti di colore. Il suo lavoro era quotidiano, rigoroso nella sua elaborazione, selettivo nel farsi, attento agli stimoli della vita presente.
Prediligeva i colori ad olio per la possibilità di lavorare con velature successive. Parallelamente sperimentava collage con carte stagnole e, successivamente, tessuti, cartoni, che venivano trasformati nella loro materia e assumevano nuove valenze espressive.
Numerose le esposizioni e le mostre personali in Italia nelle quali aveva ricevuto apprezzamenti, premi e segnalazioni.
Hanno scritto di lui, tra gli altri: Carlo Munari, Giorgio Segato, Ugo Fasolo, Guido Costantini, Domenico Cara, Guglielmo Gigli, Giovanni Amodio, Paolo Forzato, Giulio Gasparotti.