Ezio Rizzetto



alcuni fogli di carta bianca, gialla….

mostra omaggio presso l’Istituto Statale d’Arte di Venezia – anno 2000

La storia d’arte recente della città di Venezia è intessuta di fili continui e trame delicate che proprio in questo momento finale di secolo debbono ancora trovare espressione, ordine, trasparenza, affinché si possa rendere, anche al più ampio pubblico, il percorso di alcune personalità che per anni hanno rappresentato il campo d’azione costante della città e del suo mondo artistico.

Molti potrebbero essere i modi per affrontare una mappatura concreta delle figure d’artista che, talvolta nel silenzio, hanno percorso e tracciato con il dipingere gli anni di un così complesso e talvolta controverso secondo dopoguerra.

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Certamente il rendere possibile momenti espositivi come questo dedicato a Ezio Rizzetto e voluto dall’Associazione ex Studenti dell’Istituto e patrocinato dalla Bevilacqua La Masa può essere visto come un primo passo compiuto, non solo in omaggio ad una figura che negli anni di lavoro e di didattica ha formato una traccia espressiva e poetica dell’arte cittadina, ma anche come l’inizio di una formula possibile che porti nuovamente alla luce personalità ed opere cui il pubblico attuale possa far riferimento, al fine di costruire un nuovo confronto e materiale d’indagine storica. In una discrezione estrema raccolta in una intimità di ricerca protetta da un riserbo serrato al limite del silenzio privato, si è svolto per buona parte il percorso artistico di Ezio Rizzetto. Questo non per un atteggiamento di superiorità ma per una ferma decisione, motivata in primis dalla propria e talvolta drammatica vicenda biografica e poi dall’appartenere ad un mondo dove pittura, disegno e progettazione necessitavano di un particolare stato di meditazione, lontano, lontano dai clamori di una mondanità che all’autore pareva stesse prendendo il sopravvento. Lo sguardo intimo e ravvicinato delle persone e delle cose care e prossime sembra sin dagli esordi segnare il suo carattere pittorico, la sua immagine universale.

Sorprende quindi in questo presupposto isolamenti scorgere nelle prime prove giovanili una amore ed una dedizione accurata e particolare per la Scuola Romana, del Mafai ricco di cromie terrestri e del segno inciso espressivo quanto supremo del giovane Scipione. Indici quindi questi interessi di una attenzione costante ed attenta a ciò che il mondo contemporaneo andava proponendo e producendo nella sua più viva attualità e certo, ancora, simboli di una vivace partecipazione alla vita culturale cittadina ricca allora di riflessioni, di incontri, talvolta di forti e dure discussioni. In queste prove tracciate nella seconda metà degli anni trenta Rizzetto sprofonda cromaticamente le luci riflesse sui lineamenti dei ritratti, nel tenero ritratto della moglie, nelle nature morte, opere talvolta plasmate con una materia luminosa d’ ascendenza morandiana.

Gli anni della prigionia, lunghi, interminabili, consegnano taccuini di disegni d’altissima qualità, d’ingegno scattante, mai domato dal contesto inumano e sofferto. Queste prove grafiche lo condurranno a dipingere nuovamente e con un nuovo spirito proprio al nascere del secondo dopoguerra, partecipando tra l’altro alla 35ma Collettiva della Bevilacqua La Masa del 47 con l’opera Figura la quale inizia ed apre la ricerca dell’autore e ne connota la prima cifra personale. Giunge qui la sintesi delle passioni passate, dell’ amore per le cromie e delle linee amare del Gino Rossi maturo, transitate con ottimo esito nella ricerca neocubista cui questo ritratto non soggiace alzandosi plasticamente nella sua scomposizione grazie ad un sapiente orchestrarsi dei toni cupi e terrestri spinti, accesi e focalizzanti dell’incarnato che sottilmente si spinge sino al contrappunto dei rossi concepiti come una rottura antinaturalistica.

Non è questa però la sede per percorrere stilisticamente una così ampia ricerca, un percorso mutatosi nel tempo. Piace ricordare l’immane impatto dei colori e della scomposizione del grande Burcier del 1953 spintosi al limite sintetico delle poetiche neocubiste e realistiche, simbolo di un interesse concreto dell’autore verso il mondo dell’uomo, del lavoro, della manualità. Questo breve omaggio presenta inoltre un percorso cronologico costruito sul tema delle nature morte che giungono sino agli ultimi anni, alcune delle quali presentano, in cromie accese, la sintesi di un fiore, il suo “ canto alto ”, ad un passo dal disperdersi come oggetto vegetale ed al divenire una apparizione dolorosa, un segno della memoria. Uno sguardo agli oggetti che li supera, investendoli di una forza costruita tutta dalla pittura, il vero campo infinito della ricerca, del sentimento espressivo. Uno sguardo che abbiamo voluto omaggiare seppur procedendo per emblemi in questo primo momento di nuova conoscenza dell’ autore che, non poteva non avvenire in presenza delle opere, della sua vita artistica e dell’ evocazione presente della sua figura, tracciata in magistrali autoritratti, accesi da uno sguardo carico di pensiero e di meditazione dedicata alle possibilità d’esprimere un mondo ed un universo di passioni attraverso la pittura.

Un pensiero ed una problematica espressasi nelle opere d’una vita che per esprimere e sintetizzare abbiamo voluto intitolare con un pensiero tratto da un taccuino di guerra ove, sull’ombra d’inchiostro di un proprio autoritratto, Rizzetto chiedeva come propria pace ed altissimo desiderio: “ alcuni fogli da carta bianca, gialla ”.

Luca Massimo Barbero

Biografia

Ezio Rizzetto nasce a Mogliano Veneto nel 1917 ed inizia la sua attività artistica nel 1935, vincendo il secondo premio affresco ai Litorali della cultura e dell’arte a Palermo, prima ancora di ultimare gli studi all’Istituto d’Arte, di cui più tardi diventerà docente, e all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Espone in mostre nazionali, alla Biennale Internazionale d’Arte, all’Opera Bevilacqua La Masa, vince il secondo premio Bergamo nel 1941.

La sua attività artistica viene rallentata dallo scoppio del secondo conflitto mondiale che lo vede coinvolto come ufficiale sul fronte greco e poi prigioniero in Polonia e in Germania.

Nel 1946 riprende ad esporre in mostre collettive: Quadriennali, Biennali Internazionali d’Arte Triveneta e Opera Bevilacqua La Masa: Partecipa al Centro Giovanile di Unità della Cultura l’Arco. Dal 1948 al 1951 vive ed opera a Buenos Aires in Argentina. Al suo ritorno in Italia continua la ricerca artistica partecipando alle maggiori manifestazioni d’arte nazionali ed internazionali, ricevendo riconoscimenti. Nel contempo esplora le sollecitazioni che altri materiali gli offrono, soprattutto il vetro, esponendo in mostre nazionali, internazionali e in numerose Biennali nella sezione arti decorative.

I suoi dipinti figurano in collezioni pubbliche e private, premio Marzotto nel 1953, gallerie, come Ca’Pesaro a Venezia e la galleria d’Arte Moderna di Roma, musei, enti pubblici e privati in Italia e all’estero.

Muore a Venezia il 7 ottobre 1997

- mostra 2007
- mostra 2014
- mostra 2015



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